Il profilo lipidico è un insieme di analisi del sangue utili a rilevare la concentrazione di alcuni grassi o lipidi fondamentali per il corretto funzionamento del nostro organismo: colesterolo totale, colesterolo HDL, colesterolo LDL e trigliceridi.
È importante controllare periodicamente questi valori per prevenire patologie cardiovascolari o metaboliche.
Innanzitutto è importante effettuare l’analisi a digiuno da almeno 8 ore e senza aver consumato precedentemente pasti ricchi di grassi o troppo calorici (es. cibo spazzatura). Ma cosa andiamo ad analizzare esattamente con questi esami?
Colesterolo: è un lipide presente nel sangue che viene in gran parte prodotto dall’organismo ed in minima parte introdotto con la dieta. Svolge diverse funzioni biologiche importanti ed essenziali: è un componente della membrana cellulare, è il precursore della vitamina D, degli acidi biliari, degli ormoni steroidei sia maschili che femminili (testosterone, progesterone, etc.).
Non deve superare una concentrazione di 200 mg/dl di sangue. In caso contrario tende a depositarsi sulle pareti delle arterie provocando la formazione di placche che ostacolano o bloccano del tutto il flusso sanguigno, con conseguenti rischi a carico del sistema cardiovascolare.
Il colesterolo presente nel sangue viene trasportato da proteine chiamate lipoproteine. Si riconoscono almeno due tipi principali di lipoproteine:
- le LDL (Low Density Lipoprotein), conosciute anche come colesterolo "cattivo", trasportano l’eccesso di colesterolo dal fegato alle arterie e lo rilasciano nei vasi con conseguente aterosclerosi. In realtà non tutte le LDL sono dannose, soltanto quelle ossidate dai radicali liberi che incontrano sul loro percorso. Per questo in fase di prevenzione è molto importante focalizzarsi sull’azione antiossidante degli alimenti/ntegratori. I livelli ideali di queste lipoproteine non dovrebbero comunque superare i 100 mg/dl di sangue.
- le HDL (High Density Lipoprotein), conosciute anche come colesterolo "buono", favoriscono la rimozione del colesterolo dal sangue e la sua eliminazione attraverso il fegato, proteggendo il cuore e i vasi. I suoi valori dovrebbero rimanere tra i 35 e i 59 mg/dl di sangue.
I trigliceridi sono una classe di lipidi che il corpo umano sintetizza prevalentemente a partire dai grassi ingeriti attraverso la dieta e che sfrutta come fonte di energia. La maggior parte dei trigliceridi si trova nel tessuto adiposo come scorta, ma alcuni circolano nel sangue per fornire energia all’organismo.
Alcuni fattori contribuiscono ad aumentare il livello di trigliceridi, tra cui vita sedentaria, eccessi alimentari (specie quelli caratterizzati dalla massiccia ingestione di zuccheri semplici), fumo, consumo eccessivo di alcol e patologie come diabete e malattie renali. Valori superiori ai 150 mg/dl di sangue sono associati a un aumentato rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.
Abbiamo visto come e quanto misurare i livelli lipidici nel sangue possa aiutarci, anzi, aiutare il nostro medico, a definire il nostro rischio cardiovascolare. Ma come si desume questo “valore”? Cosa e come ci dice quanto rischiamo davvero di subire un evento grave come un infarto o un ictus per “colpa” di un restringimento delle nostre vene o delle nostre arterie? E come facciamo a sapere se siamo aterosclerotici, se già le nostre coronarie (le due grosse arterie del cuore), sono “incrostate” di colesterolo ossidato e depositato in placche?
In realtà non è così difficile. Esiste un parametro internazionale, detto IRC – indice di rischio cardiovascolare – che si basa sul rapporto tra il colesterolo totale e il colesterolo HDL.
Per ottenere il nostro IRC, quindi, non dovremo fare altro che dividere le due cifre tra di loro: colesterolo totale e HDL. Ovviamente più sale l’indice, maggiori saranno i rischi per la nostra salute. In termini generali, la soglia da non superare è pari a 5 per gli uomini e a 4,5 per le donne.
A seconda del punteggio ottenuto, e quindi dell’effettivo indice di rischio stimato, è opportuno adottare delle contromisure anche solo nello stile di vita e ripetere la misurazione dopo sei mesi/un anno. Per le persone a basso rischio (inferiore al 3%), basta un test ogni 5 anni.
Dott. Filippo Massone
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